Un anno fa l’OMS dichiarava lo status di emergenza sanitaria globale causata dal Covid-19 e in Italia si andava incontro al primo lockdown su scala nazionale. Ad un anno dall’inizio della pandemia, Alberto Corradini di Checkpoint Systems analizza alcuni dati ufficiali per stilare un bilancio sull’impatto che essa ha avuto realmente sulla filiera, e per aprire una riflessione sull’esigenza di utilizzare l’esperienza maturata per mettere in atto strategie efficaci nel continuare a fronteggiare il proseguo di una situazione di grave emergenza.

La prima ondata del Covid-19 in Italia ha significato un boom nel consumo e nelle vendite di generi alimentari, con la conseguenza di creare quelle situazioni, mai viste prima ed ormai impresse nelle nostre menti, di interminabili file di carrelli all’ingresso e di scaffali vuoti negli store di alimentari. Altrettanto vero è che le chiusure forzate e le misure imposte per evitare gli assembramenti nei punti vendita hanno causato, soprattutto per la componente non Food e non specializzata nel commercio di beni di prima necessità, una significativa diminuzione dei consumi. Le ragioni di questa curva opposta vanno ricercate anche in un profondo cambiamento che si è verificato a livello di opinioni e abitudini di acquisto: la Global Consumer Insights Survey 2020 di Pwc, ad esempio, ha riportato che il 64% degli italiani ha aumentato la spesa di generi alimentari, penalizzando invece categorie merceologiche quali l’abbigliamento (per il quale la spesa è crollata al -58%) e l’health&beauty (-38%).

Diamo uno sguardo all’impatto che la pandemia ha avuto sulla catena di fornitura. Se si è parlato di un aumento per quanto concerne i volumi di vendita, l’altra faccia della medaglia è che, specie per la componente GDO, il comparto ha subito alcune criticità nella logistica, con ben il 60% delle aziende intervistate da ECR Italia nell’ambito della ricerca dal titolo “Covid-19 nel largo consumo: quali effetti e quali implicazioni per la filiera?”, a dichiarare di aver riscontrato problemi significativi lungo la catena di approvvigionamento, specie con fornitori esteri[1]. Sempre secondo lo stesso studio, va detto però, che solamente un 20% delle aziende della GDO è preoccupata che nel futuro prossimo si possano verificare scenari critici di eguale misura. Nella catena di rifornimento da Centro di Distribuzione a Punto Vendita, infatti, complici l’assenza di traffico e la disponibilità di flotte dedicate di automezzi in grado di operare in modo continuativo, non si sono nel complesso registrate problematiche significative. Se parliamo poi della categoria Largo Consumo la percentuale di imprese che hanno subito criticità nell’approvvigionamento scende ulteriormente e ben l’82% delle aziende del comparto ha dichiarato addirittura di non aver subito alcun significativo impatto, se non con alcuni fornitori internazionali.

 

Un focus sullo scenario dell’OOS (out-of-stock)

Se si parla di logistica occorre parlare anche di out of stock e analizzare come anche questo scenario sia stato influenzato. Il problema dell’esaurimento delle scorte, che prima della pandemia era principalmente legato a stagionalità, promozioni, concorrenza dell’ecommerce, ha subito con il Covid una moderata accelerazione. Errori a livello di fornitura, di stoccaggio o, a monte, di produzione, piuttosto che di distribuzione o, in store, di mancati rifornimenti degli scaffali, ordini errati o inventari imprecisi, sono aumentati proprio con il complicarsi della logistica in senso più generale. Un’analisi che il Barometro OSA (Optimal Shelf Availability)- realizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con IRI – ha svolto proprio sullo scenario dell’Out-of-Stock 2020 ci fornisce dati interessanti, descrivendoci un tasso medio percentuale del 3,9% registrato tra gennaio e dicembre 2020, ossia un aumento di soli +0,3 punti rispetto al 2019. Lo scenario, da un certo punto di vista, è ben più rassicurante del previsto, e denota un impatto della pandemia non così significativo, con appena il 5,1% in più di vendite perse a causa dello spettro “scaffali vuoti”, rispetto al periodo pre-Covid.

A un anno circa dall’inizio dell’emergenza possiamo dire quindi che, nel complesso, la logistica sembra aver retto alla crisi. È chiaro però che la pandemia ha contribuito a generare nei retailer la consapevolezza della necessità di adottare alcune misure per mantenere efficiente la supply chain e, di conseguenza, il business: ridurre gli assortimenti per ottimizzare il lavoro sui punti vendita ed evitare problemi a livello di gestione delle scorte; aumentare la disponibilità e flessibilità della manodopera per garantire l’efficienza dei magazzini; potenziare la collaborazione di filiera per migliorare i processi di consegna e supportare gli andamenti altalenanti della domanda; sono questi i principali learnings che i retailer portano con sé in questo 2021. D’altro canto, da attenti osservatori del mercato quali siamo, oltre che fornitori di tecnologie all’avanguardia, intendiamo suggerire l’esigenza di continuare a presidiare il problema dell’OOS, con l’intento di contenerne il margine specie in questo periodo transitorio dove l’uscita dalla pandemia sembra ancora piuttosto lontana.

 

[1]Covid-19 nel largo consumo: quali effetti e quali implicazioni per la filiera?”, Report ECR Italia GS1 (2020)

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